Titanic

10 Ottobre 2018

Rose ha diciassette anni, una madre egoista, un fidanzato facoltoso e una vita pianificata. Imbarcata sul Titanic e insoddisfatta della propria subalternità al futuro sposo incontra Jack, romantico disegnatore della terza classe che ha vinto a poker un biglietto per l’America. Contro le convenzioni e il destino, che chiederà il conto in una notte senza luna, Rose e Jack si innamorano, spiegando il loro spirito come i motori del più grande transatlantico del mondo. Lanciato nella sua prima traversata oceanica il Titanic è colpito al cuore da un iceberg, ‘affondando’ millecinquecento persone e il futuro dei due giovani amanti. Ottantaquattro anni dopo l’ultracentenaria Rose, scampata al naufragio e sopravvissuta a Jack, racconterà a un gruppo di scienziati la meraviglia di un amore interclassista e la stupidità di un mondo diviso in classi. Un mondo che il Titanic inabisserà in un oceano nero il 15 aprile del 1912.
Ogni film di James Cameron è un viaggio e insieme un processo di apprendimento. Una ‘traversata’ che coniuga spettacolarità, azione, emozione e precipitazione struggente. Del movimento, inteso come atto ma soprattutto come attitudine mentale e disposizione dello spirito, Titanic è l’esempio più compiuto, che sposta acqua, corpi e intelligenze, che eleva due adolescenti sopra o sotto il livello a cui vivono gli altri, superando i divieti del censo e della cultura edoardiana. Film smisurato nel budget, nell’ispirazione kolossale, nella generosità sentimentale, nella costruzione di un universo fantastico che rievoca la realtà ma il cui senso eccede i limiti materiali, Titanic ‘riprende’ il mare. Quindici anni e undici Oscar dopo, il capolavoro abissale di Cameron torna in sala convertito alla tridimensionalità. Virtuoso della tecnologia 3D e creatore di un reale cinematografico più grande del reale, Cameron intuisce le possibilità del suo ‘giocattolo’ e rilancia, gettando il cuore, quello dell’Oceano e quello di tenebra, oltre l’ostacolo e giù giù fino alle radici del (suo) cinema. Accresce la ‘profondità’ dell’abisso in cui affonda a picco in verticale il transatlantico e approfondisce quella della superficie su cui scivola fluente in orizzontale, articolando le due ‘rotte’ con estrema fluidità.
Espandendo la portata emozionale delle immagini e del narrato, già smisuratamente dilatato rispetto alle esigenze drammaturgiche del catastrofico, l’autore ritorna sulla prua con Jack e Rose, estremisti dell’amore capaci di azzardi imprevedibili che li spingono oltre, oltre l’universo limitato della nave, oltre i muri, le porte e i cancelli che separano due umanità. Umanità che il naufragio, ad opera di una natura imperturbabile, ingoia, annega e ‘pacifica’ dentro una tragedia consumata sullo schermo in tempo reale. Una disgrazia che, a dispetto delle sue dimensioni, Cameron descrive intimamente, scovando negli ambienti della nave, sui ponti, nelle cabine, lungo i corridoi la morte singola, isolata, rassegnata, disperata, consapevole. Quella del capitano davanti al timone, quella del magnate americano rincuorata dal brandy, quella di una madre e i suoi bambini dentro una favola, quella di un’orchestra afferrata al proprio strumento.
(Ri)colorando i toni prometeici della macchina dei sogni della White Star Line, proiezione di potenza e insieme di fallimento, il regista fa riemergere dal profondo le immagini depositate negli occhi degli spettatori e in quelli di Rose, che in dissolvenza ritrova quelli di Jack. Eroe romantico che viaggia in basso ma guarda in alto Rose sulle tavole del ponte di coperta, conquistandola a passo di danza e a colpi di candore, trascinandola nel ‘mare’ della vita e amandola per sempre nella sospensione ovattata dell’oceano.

Prenotazione per il film

Titanic

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